Camminare, perché? Riflessioni sul Cammino dei Protomartiri

Il mettersi in cammino rimanda subito ad un percorso, anche spirituale, eppure non è del tutto automatico comprendere perché 11 pellegrini (4 sacerdoti e 7 giovani dai 20 ai 30 anni), nella settimana più calda dell’anno (e, anzi, degli ultimi anni) hanno deciso di intraprendere un pellegrinaggio serio, impegnativo, bello ma certamente controcorrente rispetto a ciò che di solito è associato all’idea dell’estate e delle ferie.

La risposta sta nel desiderio di migliorarsi, di non accontentarsi del già noto, di approfondire le proprie motivazioni e, ultimo ma non per importanza, irrobustire la propria fede. Ma rimango personalmente convinto del fatto che anche un po’ di soffio di Spirito Santo non sia del tutto estraneo all’attrattiva esercitata da una proposta come questa, che non è certamente per le masse (si tratta pur sempre di 110 km a piedi in 6 giorni).

Da lunedì 9 agosto a sabato 14 abbiamo percorso l’itinerario del Cammino dei Protomartiri in Umbria, nella zona di Terni, percorso ideato alcuni anni fa dalla Compagnia dei Romei per ricordare il martirio di alcuni tra i primi frati francescani, uccisi mentre predicavano il Vangelo in Marocco. Le località toccate, infatti (Stroncone, San Gemini, Narni, Cesi, Terni), sono per lo più i paesi natali dei martiri suddetti.

Le motivazioni che ci hanno spinti a metterci in viaggio sono state pienamente confermate dal dipanarsi dell’itinerario stesso, che, pur tra momenti di fatica, imprevisti, cambi di programma e adattamenti di ogni genere, ci ha portato ad assaporare momenti di vera soddisfazione ed un’atmosfera di sincera amicizia, sia grazie a ciò che ciascuno, di sé, ha trasfuso nell’esperienza, sia grazie agli spunti spirituali che hanno fortemente caratterizzato il cammino (liturgia delle ore, S. Messa, meditazioni sul ciclo di Elia, momenti di condivisione, di deserto e di ritiro).

L’insegnamento principale, probabilmente, è che nella vita possiamo e dobbiamo prepararci coscienziosamente ai momenti importanti, ma le redini non sono poi veramente in mano nostra, bensì nelle mani di Dio a cui dobbiamo imparare ad affidarci ogni giorno di più, senza pretendere di avere sempre tutto perfettamente programmato.

Una scuola di adattamento, dunque, ma soprattutto di fede. Così l’abbiamo vissuta noi, per lo meno, e ci sentiamo di dire che il caldo e la fatica sono stati ampiamente ricompensati da una vera amicizia non solo tra di noi, che in gran parte prima non ci conoscevamo, ma soprattutto con Dio, che, invece, da sempre ci conosce benissimo uno ad uno.

Don Davide Schiavon, Centro Diocesano Vocazioni

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